sabato 31 marzo 2012
Basket. Siena, i motivi del fallimento europeo
Il 76-69 del Pireo è l’ufficiale bocciatura per Siena nella corrente edizione della massima competizione cestistica del Vecchio Continente. E’ forte la delusione di un gruppo dominante entro i confini nazionali, ma ancora una volta impreparato al grande salto europeo, malgrado importanti innesti quali Mc Calebb ed Andersen. Per una volta i segnali della prima fase del torneo erano stati più che ottimali, con l’imposizione da parte degli uomini di Pianigiani su tutte le squadre incontrate lungo il cammino (salvo sporadici intoppi), persino un Real Madrid da tempo stabilitosi nell’elite continentale.
Sembrava realmente l’anno dei bianco-verdi durante la fase a gironi (nonostante in lontananza Kirilenko concedesse intimidazioni ripetute), una squadra finalmente completa, pesante sotto le plance, agile lungo i lati del campo ed impreziosita dalla presenza in cabina di regia di uno dei migliori playmaker attualmente attivi in Europa, veloce e preciso, incubo madrileno. La macchina bellica senese ha difettato, infine, favorendo un Olimpiacos profittatore dei momenti di oscurità toscani.
Termina così sul 3-1 la serie contro la compagine di Ivkovic, iniziata malissimo dopo l’imbarazzante conquista del Pala Mensana in Gara 1, uno smacco fatale nella psicosi collettiva, probabilmente. Dopo iniziali segnali di possibile dominio senese, la concentrazione della difesa ha cominciato a dar segni di cedimento, con preoccupanti cali di attenzione costati parziali imbarazzanti e per di più in momenti delicati di svariati match. L’unica certezza della Montepaschi nel pre-serie, ovvero la dominanza nel pitturato, si è ben presto rivelata essere l’incubo peggiore di coach Pianigiani, inebetito di fronte all’inimmaginabile numero di rimbalzi offensivi concessi, per di più a giocatori paradossalmente più minuti dei lunghi a lui in dotazione, quali Dorsey (possente, ma lento), Antic (mina vagante, sebbene non incisivo in più occasioni) e soprattutto un devastante Hines, colui il quale è possibile definire la causa primaria del tonfo di Siena.
A poco sono serviti i centimetri di Lavrinovic e Andersen, nonché l’esperienza di Ress e del capitano Stonerook, per arginare la costante minaccia greca nel pitturato, concetto inspiegabile ai più, teoricamente. In realtà le perdite subite in area sono pragmaticamente riconducibili ad un incostante e spesso dannoso Lavrinovic (dominante in Gara 2, ma anche allora morbido sotto tabellone), ad un troppo parsimonioso Andersen (spesso preoccupato di non eccedere alla voce falli, per evitare uno scarso minutaggio sul parquet) e ad una presenza in campo eccessivamente saltuaria del capitano, l’unico in grado di intimidire efficacemente l’offensiva dell’Olimpiacos.
Compagine greca vittoriosa paradossalmente essendo quasi del tutto priva del suo uomo-copertina, uno Spanoulis a lungo dormiente, prima di Gara 4. Problemi di falli nella serie, per lui, i quali avrebbero dovuto concedere campo aperto a Zisis e Thornton nell’incedere verso la tabella avversaria, ma mai accuratamente decisivi, soprattutto tra le mura amiche, appena colmabile, la loro debacle, dagli sforza mirabili di un Rakocevic da lode. A deludere (e duole dirlo) è anche Bo Mc Calebb, l’incubo di ogni avversario, mai sottotono e costantemente in doppia cifra, ma, al tempo stesso giammai l’eroica guida che i tifosi senesi avevano imparato ad amare. Troppo distante il canestro greco per lui e sufficientemente sorvegliato.
Dulcis in fundo (il più grande eufemismo che si possa donare alla causa), è doveroso ricordare che la macchina della Montepaschi, tanto lodata in patria e tanto ammirata in Europa settimane addietro, ha difettato, nella serie, più e più volte nei quarti finali, di quella necessaria concentrazione determinante per gli esiti di partite spesso combattute ed in bilico, degne di importanti incontri quali l’Eurolega fornisce costantemente al suo pubblico. Calo di concentrazione improvviso, imprecisioni offensive, vuoti difensivi ed ineluttabili parziali avversari i quali, cinici, colpiscono senza troppa pietà.
Qui il riassunto del crollo senese, di una squadra pronta fisicamente al decisivo salto di qualità da anni, ma ancora tristemente immatura psicologicamente per effettuarlo.
Filippo Caiuli
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